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Con la sentenza n. 261/2021 la Corte dei Conti della Lombardia precisa che nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego, il concetto di assistenza a persona disabile con handicap grave, sia nell’ambito dell’istituto previsto dalla Legge n.104/1992, sia in quello di cui al D.Lgs. n.151/2001, ai fini della concessione al dipendente pubblico dei relativi permessi non va inteso come vicinanza continuativa ed ininterrotta alla persona disabile, atteso che la cura di un congiunto affetto da menomazioni psico-fisiche, non in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza continuativa allo stesso, a condizione che venga assicurata una stretta correlazione causale tra assenza dal lavoro e cura del soggetto bisognoso. Questo principio risulta pacifico nella giurisprudenza ordinaria, amministrativa e contabile (Cass. Civ., Sez. Lavoro, n.12032/2020; Cass. Pen., Sez. II, n.54712/2016; Tar. Sardegna, Sez. I, n.224/2020; Corte dei conti, Sez. Lazio, n.2039/2009).

Inoltre la Corte osserva che, se è vero che il presupposto per la concessione del congedo ex art. 41 D.Lgs. n.151/2001 risulta essere la “convivenza”, è altrettanto vero che l’interpretazione giurisprudenziale del dato normativo, come esattamente rilevato dalla convenuta, si è consolidato nell’ammettere un concetto di “convivenza” non coincidente con quello di “coabitazione”, risultando invero necessario esclusivamente che venga assicurata in favore del parente disabile un’assistenza abituale e costante (Cass. Pen., Sez. II, n.24470/2017; Corte dei conti, Sez. II App., n.598/2018).

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