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Con comunicato apparso sul proprio sito web in data 21 febbraio 2019, la Corte Costituzionale ha reso noto che è decaduto l’obbligo di pubblicare on line i dati personali sul reddito e sul patrimonio dei dirigenti pubblici diversi da quelli che ricoprono incarichi apicali.

La Corte, con la sentenza n. 20/2019, ha infatti dichiarato illegittima la disposizione che estendeva a tutti i dirigenti pubblici gli stessi obblighi di pubblicazione previsti per i titolari di incarichi politici.

La pubblicazione riguarda, in particolare, i compensi percepiti per lo svolgimento dell’incarico e i dati patrimoniali ricavabili dalla dichiarazione dei redditi e da apposite attestazioni sui diritti reali sui beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, sulle azioni di società e sulle quote di partecipazione a società. Questi dati, in base alla disposizione censurata, dovevano essere diffusi attraverso i siti istituzionali e potevano essere trattati secondo modalità che ne avessero consentito l’indicizzazione, la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web e anche il loro riutilizzo.

La Corte ha ritenuto irragionevole il bilanciamento operato dalla legge tra due diritti: quello alla riservatezza dei dati personali, inteso come diritto a controllare la circolazione delle informazioni riferite alla propria persona, e quello dei cittadini al libero accesso ai dati e alle informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni. Secondo i giudici costituzionali, il legislatore, nell’estendere tutti i descritti obblighi di pubblicazione alla totalità dei circa 140.000 dirigenti pubblici (e, se consenzienti, ai loro coniugi e parenti entro il secondo grado), ha violato il principio di proporzionalità, cardine della tutela dei dati personali e presidiato dall’articolo 3 della Costituzione.

Pertanto la sentenza garantisce, insieme al diritto alla privacy, la tutela minima delle esigenze di trasparenza amministrativa individuando nei dirigenti apicali delle amministrazioni statali (previsti dall’articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001) coloro ai quali sono applicabili gli obblighi di pubblicazione imposti dalla disposizione censurata. Secondo la Corte, l’attribuzione a questi dirigenti di compiti di elevatissimo rilievo – propositivi, organizzativi, di gestione (di risorse umane e strumentali) e di spesa – rende non irragionevole che, solo per loro, siano mantenuti, allo stato, gli obblighi di trasparenza di cui si discute.

Spetterà ora al legislatore ridisegnare - con le necessarie diversificazioni e per tutte le pubbliche amministrazioni, anche non statali - il complessivo panorama dei destinatari degli obblighi di trasparenza e delle modalità con cui devono essere attuati, nel rispetto del principio di proporzionalità posto a presidio della privacy degli interessati.

Clicca qui per leggere il comunicato del 21 febbraio 2019 della Corte Costituzionale.

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