Con la sentenza n. 41251/2021 la Corte di Cassazione ribadisce che l'art. 38 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto Regioni ed Autonomie locali prevede, ai commi 1 e 2, che «Le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e pertanto non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell'orario di lavoro. Ai relativi oneri si fa fronte in ogni caso con le risorse previste dall'art. 14 del CCNL dell'1.4.1999. La prestazione di lavoro straordinario è espressamente autorizzata dal diligente, sulla base delle esigenze organizzative e di servizio individuate dall'ente, rimanendo esclusa ogni forma generalizzata di autorizzazione».
La disciplina dettata nei diversi comparti dell'impiego pubblico contrattualizzato è espressione dell'orientamento, già formatosi in epoca antecedente la contrattualizzazione, in forza del quale il diritto al compenso per il lavoro straordinario presuppone la previa autorizzazione dell'ente (cfr. Cass. n. 2709/2017; Cass. n. 2737/2016; Cass. n. 20789/2007); attraverso quest'ultima, infatti, la P.A., nel rispetto dei principi costituzionali dettati dall'art. 97 Cost., persegue gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa di cui all'art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs n. 165 del 2001, in quanto la autorizzazione medesima implica innanzitutto la valutazione sulla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che rendono necessario il ricorso a prestazioni straordinarie e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio, compatibilità dalla quale non si può prescindere in tema di costo del personale, come reso evidente dalle previsioni dettate dagli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, nelle diverse versioni succedutesi nel tempo.
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